Come è noto, la legge legge 17 ottobre 2007, n. 188: "Nuove regole in materia di dimissioni volontarie del lavoratore" e il decreto interministeriale 21 gennaio 2008 con relativa circolare Ministero del lavoro del 4 marzo 2008, ha introdotto nell’ordinamento giuslavoristico nuove regole per la risoluzione del rapporto di lavoro a fronte di dimissioni volontarie del lavoratore, ai sensi dell’articolo 2118 del codice civile.
La legge però è stata inattiva fino ad oggi perché la sua operatività era strettamente legata ad ulteriori atti amministrativi che dovevano individuare le modalità tecniche-operative per renderla applicabile.
In sintesi si tratta di una normativa che, per contrastare il fenomeno illegale delle cd. “dimissioni in bianco”, firmate dal lavoratore all’atto della sua assunzione, introduce un percorso obbligato nel quale le dimissioni date volontariamente siano certe nella data (attuale), nel modulo e nella sottoscrizione.
Con la circolare del Ministero del Lavoro si attiva definitivamente l’operatività della normativa in segnalazione che, dal 5 marzo 2008, è obbligatoria.
Prima di esaminare brevemente i punti principali della legge, è necessario sottolineare che sono in corso approfondimenti tecnici con il dicastero competente, perché nell’emanazione delle istruzioni operative è opinione fondata e diffusa tra le parti sociali, che si sia andati oltre rispetto alla volontà del Legislatore.
Conseguentemente è in corso una riflessione sulla opportunità e la praticabilità di iniziative finalizzate a ricondurre la disciplina nell’alveo fissato dal legislatore.
Nelle more è tuttavia doveroso che i datori di lavoro siano informati sulla disciplina entrata in vigore e che di seguito si riassume.
I destinatari sono:
1. tutti i lavoratori di tipo subordinato indipendentemente dalla qualifica, dalla durata, dalla tipologia;
2. tutti i lavoratori autonomi quali:
- cocopro;
- collaborazione occasionale;
- associazione in partecipazione (cc. 2549)
- ai rapporti di contratto d’opera (cc. 2222) quest’ultimo caso non previsto dalla legge, ma introdotto dalla circolare del Ministero ed in fase di contestazione.
Per quanto riguarda i soci lavoratori le nuove regole valgono anche per loro nel momento in cui instaurano con la cooperativa un rapporto di lavoro delle tipologie sopra elencate.
La normativa non opera nessuna distinzione per quanto riguarda la natura del datore di lavoro, quindi la stessa opera per la pubblica amministrazione, per il privato in caso di lavoro domestico, per le fondazioni, per le associazioni, per le onlus, per i partiti, etc.
Il mancato uso delle nuove regole presuppone la nullità delle dimissioni.
Le stesse devono essere presentate su un apposito modulo reso disponibile gratuitamente presso le DPL, gli uffici comunali, i centri per l’impiego, etc.. Tale modulo viene, attraverso il sistema informatico della PA, protocollato e identificato con l’attribuzione di un codice unico.
Al lavoratore viene consegnata una ricevuta con i dati dichiarati che permette la non contraffabilità. A partire dal rilascio della ricevuta decorre il termine di validità delle dimissioni - 15 giorni -, entro il quale la ricevuta deve essere consegnata al datore di lavoro, pena l’inefficacia delle stesse. Quindi la volontà del lavoratore di recedere dal rapporto in corso viene convalidata, asseverata e resa efficace solo attraverso le procedura descritta.
Ricordiamo che le dimissioni costituiscono atto unilaterale recettizio e che una volta consegnate al datore di lavoro, questi non è tenuto ad accettare il ripensamento.
Sono esclusi dalla normativa:
· i lavoratori marittimi (rapporto di lavoro regolato da leggi speciali);
· gli amministratori di società.
Si ricorda, infine, che la nuova disciplina non si applica agli accordi di risoluzione consensuale bilaterali, che restano disciplinati dalle norme generali in materia di contratti che prevedono la libera manifestazione del consenso, ai casi di recesso unilaterale del lavoratore durante il periodo di prova, ed ai casi di c.d. “dimissioni per giusta causa”, in quanto essi sono assimilati, per quanto riguarda la disciplina, al licenziamento.